Prelievo di somme dal conto cointestato ad entrambi i coniugi: il punto di vista della Cassazione.

Prelievo di somme dal conto cointestato

A parere della Cassazione (ordinanza n. 28772/2023), se la moglie “prosciuga” il conto cointestato del marito, quest’ultimo non può chiedere la restituzione delle somme prelevate se il conto è destinato ai bisogni della famiglia ed ella ha contribuito alla formazione dell’intero importo.

Il caso

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 16.12.2021, ha rigettato l’appello proposto dal marito della coppia in questione avverso la sentenza del Tribunale che respingeva la sua domanda di condanna della moglie alla restituzione della somma di euro 250.000,00. A dire dell’appellante, infatti, la moglie aveva indebitamente prelevato detto denaro dal conto corrente cointestato alle parti nonché indebitamente disposto di euro 55.000,00 mediante assegno circolare emesso in proprio favore.
I giudici di secondo grado hanno motivato la decisione facendo risaltare il fatto che il conto corrente era stato aperto congiuntamente dai coniugi per i bisogni della famiglia. In particolare, è risultato decisivo il fatto che alla formazione della provvista non aveva contribuito esclusivamente l’attore, ma che parte del denaro risaliva alla attività professionale della moglie in favore dell’attività del marito, il quale non la pagava direttamente sull’intesa che il cospicuo lavoro professionale della resistente potesse essere compensato con l’utilizzo del denaro sul conto corrente. Entrambi giudici di merito hanno ritenuto che la contestazione costituisse esecuzione degli obblighi di assistenza materiale di cui all’art. 143 c.c. e che la prove fornite dall’appellata circa la destinazione delle somme prelevate alle necessità familiari – e non, come sostenuto dal marito, ai propri esclusivi interessi – erano da ritenere credibili.
Il marito ricorreva dunque in Cassazione avverso detto provvedimento affidandosi a tre motivi.

La soluzione della Suprema Corte

Con il primo motivo, è stata prospettata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1298 c.c. e 2697 c.c. Secondo il ricorrente, l’irrisorietà dei versamenti della resistente rispetto ai suoi apporti consentiva di ritenere superata la presunzione di comproprietà in parti uguali di cui al 1298 c.c.
Il motivo viene dichiarato dalla Corte inammissibile, in quanto il conto corrente era stato aperto dai coniugi congiuntamente per i bisogni dell’intera famiglia e la convenuta aveva contribuito all’alimentazione del conto corrente in misura rilevante con apporti derivanti dalla sua attività professionale. La censura formulata come violazione o falsa applicazione di legge o come omesso esame di un fatto decisivo, dunque, mira, a parere della Corte di Cassazione, alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito che non è consentita in sede di legittimità. Anche il secondo motivo, incentrato principalmente su questioni procedurali, viene dichiarato infondato dalla Corte.
Con il terzo motivo, invece, il marito opponeva violazione e/o falsa applicazione degli art. 143 e 316 bis c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 4 per avere la Corte d’Appello preteso di ricondurre gli smisurati e continui persistenti prelievi, per un totale di 180.000,00 euro, effettuati in poco più di un anno e mezzo dopo l’inizio della relazione extraconiugale e poco prima di chiedere la separazione, rientranti nell’ambito di applicazione dei reciproci obblighi di solidarietà familiare e assistenza tra coniugi di cui all’art. 143 c.c. Tale doglianza, invece, viene giudicata dalla Corte di Cassazione come inammissibile. Secondo la Suprema Corte, infatti, non si tratta di ammettere che “sarebbe sufficiente a uno dei cointestatari di qualunque conto corrente bancario cointestato versare un euro nel conto per appropriarsi di tutta la giacenza residua” quanto piuttosto di riconoscere che il conto non era destinato al soddisfacimento dei soli bisogni primari e fondamentali della famiglia, cosicchè allo stesso la moglie poteva attingere anche per esigenze non strettamente vitali, non potendosi mettere in discussione ogni voce di spesa di cui ciascun coniuge si sia fatto carico nel corso del vincolo matrimoniale.
Per quanto appena esposto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Riflessioni conclusive

Il conto bancario cointestato a entrambi i coniugi si presume, di base, di proprietà di entrambe le parti in parti uguali. Se detto conto, sebbene cointestato, è alimentato dai proventi di uno solo dei due cointestatari, allora si ritiene che contestazione abbia la mera funzione di consentire all’alto di attingervi per far fronte a spese comuni e necessarie della famiglia. Cade, in tal caso, la presunzione di comproprietà e le somme del conto sono da considerarsi solo di chi le ha depositate. Solo in tale situazione, dunque, se si scopre che l’altro ha “prosciugato” il conto corrente, l’effettivo proprietario potrà agire per la restituzione delle somme indebitamente prelevate.
Nel caso di specie, il marito non è riuscito a superare detto onere probatorio, e la presunzione di comproprietà dei cointestatari non è stata vinta. La moglie, nonostante abbia effettuato dei significativi prelievi dal conto bancario in costanza di una relazione extraconiugale, non dovrà dunque restituire alcunchéproprio perché aveva anch’essa contribuito al conto corrente – sebbene a livello secondario – con le proprie attività professionali.
Dette conclusioni, al di fuori di qualsivoglia considerazione sulla proporzionalità tra quanto apportato e quanto prelevato da ognuno dai cointestatari appaiono, a parere di chi scrive, non prive di preoccupanti conseguenze. Invero, sulla base di detto iter logico-argomentativo, a qualsiasi cointestatario basterà provare di aver contribuito alla formazione del conto versandoci una determinata somma di denaro affinché scatti la presunzione di solidarietà e di comproprietà del denaro contenuto del conto. Alla luce delle considerazioni della Corte di Cassazione sul caso de quo, dunque, sarà sufficiente depositare una somma – anche esigua se considerata in proporzione all’importo complessivo – sul conto corrente bancario cointestato per poterlo poi “prosciugare” senza conseguenza alcuna.

Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/46139-conto-cointestato-i-prelievi-per-le-spese-di-famiglia-non-vanno-rimborsati.asp
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