La recente e fondamentale evoluzione dell’interpretazione dell’art. 2560 c.c., il superamento del dato prettamente letterale.
L’ipotesi ricorrente
Una società, dopo avere accumulato debiti, cede l’azienda ad una nuova società vanificando di fatto la tutela del creditore (cfr. Cass. n. 26450/2023 sotto allegata).
La norma
L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito.
Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.
Le condizioni per la responsabilità solidale
Da sempre si è ritenuto che l’art. 2560 c.c. costituisse norma speciale non suscettibile di interpretazione estensiva in tutti quei casi in cui non vi fosse il rispetto formale dell’indicazione dei debiti nei libri contabili.
Dunque, per evitare la responsabilità solidale, era sufficiente non depositare queste scritture, ovvero depositarne altre dal contenuto ad hoc in cui non vi fosse menzione del debito: l’elemento dell’iscrizione nei libri contabili era un requisito costitutivo della responsabilità del cessionario d’azienda, non surrogabile da altre forme di conoscenza.
Sul punto, la dottrina “classica” sosteneva che la ratio della norma non risiedeva unicamente in una pretesa finalità di protezione dei creditori, ma, soprattutto, nella finalità di tutelare l’interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici e l’interesse economico collettivo alla facilità di circolazione dell’azienda; finalità il cui soddisfacimento trovava il suo presupposto proprio nella condizione oggettiva dell’iscrizione dei debiti nelle scritture contabili e che invece sarebbe stata frustrata nell’ipotesi in cui si fosse ammessa “la possibilità di bypassare quella condizione oggettiva attraverso accertamenti da condursi caso per caso in ordine alle finalità della cessione e ai possibili stati di conoscenza (dei debiti) dei cessionari”.
A conforto di tale argomentazione, si sosteneva che loro ragioni di credito in caso di operazioni di trasferimento dell’azienda o di un ramo di essa, potevano essere efficacemente soddisfatte dal ricorso ai rimedi previsti dall’ordinamento, quali, in particolare, l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c., e, più in generale, il risarcimento del danno.
L’evoluzione interpretativa…
Da questo orientamento da sempre consolidato, si è inizialmente discostata la Cassazione con sentenza 32134/2019 valorizzando la ratio della norma nella tutela delle ragioni del creditore, tutte le volte in cui vi fosse stato un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi rispetto a quelli per i quali era stata introdotta, risultando dimostrato, in particolare, in base alle evidenze processuali, che la cessione dell’azienda aveva costituito lo strumento per precludere al creditore il recupero del credito: il principio di responsabilità del cessionario in solido con il cedente (da ritenersi principio generale e non già particolare) sarebbe dovuto comunque prevalere in considerazione della detta “finalità di protezione” della norma.
… e l’interpretazione economica
Il principio di responsabilità del cessionario in solido con il cedente (da ritenersi principio generale e non già particolare) dovrebbe comunque prevalere in considerazione della detta “finalità di protezione” della norma: la cessione dell’azienda non libera dai debiti inerenti anteriori il cedente, se non vi è il consenso dei creditori, starebbe ad implicare che automaticamente è sorto un nuovo debito in capo all’acquirente, permanendo un’obbligazione di garanzia per gli stessi in capo all’alienante, che solo il consenso dei creditori sarebbe in grado di liberare, rendendo unico debitore il cessionario.
In questa prospettiva, il II comma dell’articolo in esame varrebbe a rendere indiscutibile da parte del cessionario la conoscenza dei debiti inerenti iscritti, ma non varrebbe a liberarlo dei debiti non iscritti di cui abbia avuto comunque notizia.
La perdita di norma eccezionale
Il II comma della norma avrebbe dunque la funzione, non già di circoscrivere la responsabilità del cessionario ai debiti registrati, bensì quella di impedire che per essi l’acquirente possa sottrarsi, fermo restando che la successione non potrebbe che operare anche per tutti i debiti che, sebbene non registrati, egli conosceva o poteva facilmente conoscere, della cui prova sarebbe tuttavia gravato il creditore.
Le ulteriori ragioni del ripensamento
La disciplina organica dei bilanci e degli altri documenti contabili della liquidazione volontaria delle società di capitali non era contemplata nella formulazione originaria del codice civile del 1942, il quale si limitava a rinviare alle poche, disorganiche disposizioni dettate in tema di società di persone.
Questa disciplina è stata introdotta con la legge di riforma del diritto societario del 2003.
E’ stata così prevista una serie di documenti contabili che devono essere redatti nella fase di scioglimento e di liquidazione della società.
In particolare, il bilancio finale di liquidazione, che deve essere redatto e sottoscritto dai liquidatori dopo aver compiuto la liquidazione, deve indicare la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell’attivo e si articola in due parti distinte, il bilancio finale in senso stretto e il piano di riparto.
Pur presupponendo compiuta la fase di liquidazione e la monetizzazione del patrimonio aziendale, il bilancio finale deve indicare, ove sussistano, sia gli eventuali elementi patrimoniali attivi non ancora realizzati sia eventuali posizioni debitorie non ancora estinte.
Si tratta, dunque, di un documento contabile particolarmente rilevante ai fini degli effetti giuridici connessi al trasferimento dell’azienda commerciale organizzata per l’esercizio collettivo dell’impresa nella forma di società di capitali, perchè redatto nella fase successiva alla liquidazione della società cui appartiene l’azienda o il ramo di azienda che forma oggetto di cessione.
Il bilancio, dunque, assume un rilievo sostanziale in funzione sia delle esigenze di tutela dell’acquirente dell’azienda sia dell’esigenza di garantire la sicurezza della sua circolazione.
E poichè il bilancio finale di liquidazione deve indicare “la parte spettante a ciascun socio”, è evidente che nell’ipotesi in cui vi siano, oltre agli elementi attivi, anche debiti non estinti, essi devono essere accollati ai soci medesimi, in sede di ripartizione dell’attivo.
Alla luce di tale stringente evoluzione normativa, è assai difficile sostenere che il cessionario non sia a conoscenza della situazione debitoria delle cedente poichè è divenuto “quasi un obbligo” sincerarsi preventivamente di questa situazione ottenendo e studiando il contenuto specifico di questi atti.
L’onere in capo al creditore sulla conoscenza effettiva
L’evoluzione dell’interpretazione dell’art. 2560 c.c. non reca in sè il corollario della responsabilità solidale automatica, ma impone che il creditore fornisca gli elementi concreti da cui desumere la conoscenza effettiva a prescindere dal dato formale ovvero la non conoscenza colposamente imputabile al cessionario.
Ad esempio, vi sarà responsabilità solidale in tutti quei casi in cui in seguito al trasferimento dell’azienda, al di là della diversa forma o denominazione giuridica, la compagine sociale dell’impresa e gli organi amministrativi della stessa siano rimasti immutati – anche a prescindere dalle quote di partecipazione -, poichè in tali casi il trasferimento dell’azienda è solo formale e dunque la conoscenza era piena al di là del dato formalistico dei libri.
Si potrebbe anche ipotizzare di fare ricorso alle presunzioni elaborate in tema di consilium fraudis nel caso di “ristretta cerchia parentale”.
Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/46143-la-responsabilita-del-cessionario-per-i-debiti-della-cedente.asp
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