La studentessa molestata dall’operatore scolastico: analisi della motivazione della sentenza del tribunale di Roma.
La vicenda mediatica
Ha suscitato non poco clamore la sentenza del tribunale di Roma (sotto allegata) sulla vicenda della studentessa di Roma molestata dall’operatore scolastico.
In particolare, la ragazza, che al momento del fatto si trovava in presenza di una compagna nei corridoi della scuola, in procinto di tirarsi “su i pantaloni che le erano scesi dalla vita, sentiva da dietro delle mani entrarle nei pantaloni, sotto gli slip, che dapprima le toccavano i glutei e poi la afferravano per le mutandine e la tiravano su sollevandola di circa 2 cm; il tutto durava circa cinque/dieci secondi“.
L’operatore scolastico, già noto agli studenti per assumere atteggiamenti confidenziali non graditi, visto l’evidente disappunto della giovane per l’accaduto, invano cercava di scusarsi, spiegando che il suo era solo uno scherzo e che non vi erano secondi fini.
In dibattimento, l’imputato non negava l’accaduto, spiegando tuttavia come, colta la ragazza nel gesto di tirarsi su i pantaloni, la sua intenzione fosse quella di assecodarla scherzosamente, afferandola per le mutandine e sollevandola da terra. L’atto aveva comportato accidentalmente lo sfioramento dei glutei.
Art. 609 bis c.p.: esegesi del reato di violenza sessuale
ll reato di violenza sessuale punisce da sei a dodici anni “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali“.
La giurisprudenza si è prodigata nel corso degli anni a interpretare il pensiero del legislatore, in particolare concetti complessi quali “violenza”, “costrizione” e “atti sessuali”, al fine di non lasciare impunite condotte che, pur non afferendo alla mera congiunzione carnale, in qualche modo offendano in modo diretto ed univoco la sfera sessuale della vittima (requisito oggettivo) attraverso l’eccitazione dell’agente e l’eventuale soddisfacimento del suo istinto sessuale (requisito soggettivo) (v. ad es. Cass. Pen. 18847/2003).
Non solo, ma in caso di toccamenti o baci non consentiti, i giudici si sono anche dovuti porre il quesito se la zona interessata rientrasse in quelle definite come erogene (secondo il profilo fisiologico, psicologico e socioantropologico), configurando così il delitto in questione, oppure in altre zone del corpo che, nella valutazione dell’intero contesto, possono integrare altra fattispecie di reato, come ad esempio quella della violenza privata.
Una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (n.18679/2015) spiega che la natura sessuale dell’atto deve essere valutata secondo il significato sociale della condotta, avuto riguardo all’oggetto dei toccamenti, ma anche – quando ciò non sia sufficiente – al contesto in cui l’azione si svolge, ai rapporti intercorrenti tra le persone coinvolte e ad ogni altro elemento eventualmente sintomatico di una indebita compromissione delle libera determinazione della sessualità del soggetto passivo che sia oggettivamente e socialmente percepibile come tale.
Peso non indifferente è riconosciuto anche al contesto sociale e culturale. Per esempio, se in Italia è fuori discussione che il bacio sulla bocca attinga ad una zona generalmente considerata come erogena, nella tradizione russa esso è visto come forma di saluto; e altrettanto può avvenire in certi contesti familiari o parentali, in cui il bacio sulla bocca tra parenti è segno di affetto, privo di connotazioni sessuali.
Vale la pena ricordare, altresì, che il gesto compiuto “ioci causa“, ossia per scherzo, o con finalità irrisorie è ugualmente qualificabile come atto sessuale (perciò punibile), allorquando l’azione, per le sue intrinseche caratteristiche, rappresenta un’intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima (v. ad es. Cass. Pen., n.1709/2014).
Infine, a nulla rileva il tempo dell’azione: per quanto essa sia repentina ed estemporanea, se finalizzata e idonea a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione della vittima nella di lei sfera sessuale, integra il reato.
Alla luce di tutto quanto brevemente considerato, va da sé che il palpeggiamento non consenziente dei glutei (pacificamente riconosciuta come zona erogena), ancorché fugace, configuri violenza sessuale.
La motivazione della sentenza del Tribunale di Roma
Va premesso sin da subito che il Giudice di prime cure ritiene configurato il reato sotto il punto di vista oggettivo.
Le testimonianze lineari e coerenti, nonché la stessa versione dell’imputato, non lasciano spazio a dubbi sul punto: c’è stato un toccamento non consentito dei glutei della ragazza, a nulla rilevando né la repentinità del gesto né l’intento scherzoso.
ll Tribunale non considera provato con certezza, tuttavia, l’elemento soggettivo, ossia l’intenzione del soggetto agente di invadere senza consenso, ancorché per scherzo, la sfera sessuale della vittima. Invero, dalla descrizione della dinamica il toccamento dei glutei potrebbe essere avvenuto accidentalmente.
La questione dei secondi concerne l’intera durata dell’azione, dall’introduzione delle mani nei pantaloni al sollevamento da terra, e non il palpeggiamento in sé (che, in verità, pare essere stato un mero sfioramento), sul quale, si spiega, l’operatore non ha indugiato.
Il contesto in cui è maturata la vicenda, poi, non semplifica la disamina, essendo il tutto avvenuto in pieno giorno, in un locale aperto al pubblico e in presenza di altre persone.
Ecco, dunque, alla luce dell’intero contesto, che il Giudice non ha rinvenuto quegli elementi che gli consentissero di pervenire ad un sentenza di condanna oltre ogni ragionevole dubbio, come richiesto dal nostro ordinamento, cedendo il passo ad una sentenza di assoluzione ai sensi dell’art.530 cpv c.p.p., ossia con la c.d. “formula dubitativa“: “il giudice pronuncia sentenza di assoluzione quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile“
Conclusioni
Chi scrive ritiene che la generica notizia riportata in plurime fonti, cartacee e online, nei seguenti termini “assolto per una palpata da meno di 10 secondi“, “10 secondi non è molestia” et similia , sia ingiusta e pericolosa.
Ingiusta, nei confronti di tutte le parti coinvolte, nessuna esclusa, compresa quella del giudice, dipinto come una figura immorale che ritiene che una violenza sessuale non sia censurabile se commessa in pochi secondi. Ingiusta per il semplice fatto che non è vera, nemmeno nella determinazione temporale, visto che in sentenza si dà atto che non si sa se l’azione sia durata cinque o dieci secondi.
Pericolosa, perché il cittadino comune, profano di diritto, che apprende la notizia dai quotidiani o da fonti comunque ritenute affidabili, si forma un’idea distorta della giustizia, non avendo (giustamente, per certi versi, non essendo tecnico) lo scrupolo di andarsi a leggere la sentenza e approfondire, soprattutto capire, tematiche quali elemento soggettivo ed oggettivo del reato, e la differenza semantica delle formule assolutorie.
L’autore ovviamente non si pronuncia sulla correttezza della decisione. Non si è in possesso degli atti e non si sono udite direttamente le parole dei protagonisti della vicenda.
Non si esclude che la Corte d’Appello, su impulso del Pubblico Ministero, possa ribaltare il verdetto. Il Tribunale ha espresso un dubbio, motivandolo (a parere di chi scrive) piuttosto correttamente, ma nulla vieta che le argomentazioni del Pubblico Ministero e della Parte Civile possano illuminare i Giudici di secondo grado, facendo loro capire che di dubbi non ce ne sono.
Né si discute il valore morale del gesto dell’operatore. Esso è sicuramente riprovevole o comunque censurabile, ma in un processo penale si deve stabilire se un fatto integra tutti gli elementi per essere considerato reato, a prescindere dalla morale che lo accompagna.
Quello che è in discussione in questa sede è la correlazione tra le motivazioni di una sentenza e la relativa notizia riportata dai media, perché, ora, taluni cittadini temono che si possa subire una “palpata” senza possibilità di rivalsa, altri sono convinti che i glutei altrui siano a propria disposizione, purché non si abusi del tempo relativamente interminabile di dieci secondi.
Non è la prima volta che accade un travisamento simile e non sarà probabilmente l’ultima. E questo è decisamente preoccupante.
Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/46015-il-caso-del-palpeggiamento-da-10-secondi-violenza-o-no.asp
(www.StudioCataldi.it)