Inapplicabilità fino al 31 dicembre 2023 dei termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovute dalle pubbliche Amministrazioni alla Gestione dipendenti pubblici per i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2018 e delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovute dalle pubbliche Amministrazioni alla Gestione separata. Regime sanzionatorio.

Con la presente circolare si forniscono indicazioni circa l’inapplicabilità fino al 31 dicembre 2023 dei termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovute dalle pubbliche Amministrazioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla Gestione dipendenti pubblici per i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2018 e delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovute dalle medesime pubbliche Amministrazioni alla Gestione separata di cui all’articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nonché dell’inapplicabilità fino al 31 dicembre 2023 delle disposizioni di cui ai commi 8 e 9 dell’ articolo 116 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di sanzioni civili.

1. Premessa

Il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, con la lettera a) del comma 3 dell’articolo 9, rubricato “Proroga di termini in materie di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”[1], ha modificato l’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335[2], sostituendo al comma 10-bis, le parole «31 dicembre 2015»[3] con le seguenti: «31 dicembre 2017».

Per effetto di tale modifica, i termini di prescrizione di cui all’articolo 3, commi 9 e 10, della legge n. 335/1995, non trovano applicazione fino al 31 dicembre 2022 con riferimento agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovute dalle pubbliche Amministrazioni alla Gestione dipendenti pubblici afferenti ai periodi di competenza fino al 31 dicembre 2017.

La successiva lettera b) del comma 3 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 228/2021, come modificato in sede di conversione, ha inserito all’articolo 3 della legge n. 335/1995 il comma 10-ter, ai sensi del quale “le pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in deroga ai commi 9 e 10, sono tenute a dichiarare e ad adempiere, fino al 31 dicembre 2022, agli obblighi relativi alla contribuzione di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovuti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in relazione ai compensi erogati per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e figure assimilate”. La norma fa salvi gli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.

Con l’articolo 9, comma 3, lettere a) e b), del decreto-legge n. 228/2021, che ha previsto l’inapplicabilità dei termini di prescrizione riferiti agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria, il legislatore ha disposto che le pubbliche Amministrazioni effettuino gli adempimenti contributivi senza il limite temporale fissato per la generalità dei contribuenti, regolamentando al comma 4[4] del medesimo articolo anche gli effetti del ritardo dell’adempimento con riguardo al regime sanzionatorio di cui all’articolo 116, commi 8 e 9, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che fissa la diversa misura delle sanzioni civili come omissione o evasione in relazione all’obbligo e ai contenuti della denuncia e al termine entro cui lo stesso obbligo deve essere ottemperato dal datore di lavoro.

L’articolo 9, comma 1[5], lettera a), del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, da ultimo, ha ampliato dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018 i periodi retributivi per i quali opera l’inapplicabilità, che viene estesa fino al 31 dicembre 2023, dei termini di prescrizione dei crediti contributivi di cui al comma 10-bis[6] dell’ articolo 3 della legge n. 335/1995. Si ricorda che l’applicazione del predetto differimento ha a oggetto la contribuzione relativa sia ai trattamenti pensionistici sia ai trattamenti di previdenza (trattamenti di fine servizio e di fine rapporto) di cui sono beneficiari i lavoratori dipendenti delle Amministrazioni pubbliche di cui al decreto lelegislativo 30 marzo 2001, n. 165.

La lettera b) del medesimo comma 1 ha modificato il comma 10-ter dell’ articolo 3 della legge n. 335/1995, differendo al 31 dicembre 2023 il termine entro il quale le pubbliche Amministrazioni sono tenute a dichiarare e ad adempiere agli obblighi relativi alla contribuzione di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovuti alla Gestione separata di cui all’ articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge n. 335/1995,in relazione ai compensi erogati per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e figure assimilate, fatti salvi gli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.

Il decreto-legge n. 198/2022 non ha disposto il differimento dell’inapplicabilità delle disposizioni di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo 116 della legge n. 388/2000 in materia di sanzioni civili, previsto dal citato comma 4 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 228/2021.

L’articolo 21, comma 2[7], del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74, è invece intervenuto su tale ultima disposizione, modificandola e prorogando fino al 31 dicembre 2023 (dal 31 dicembre 2022) il regime di inapplicabilità delle sanzioni civili di cui all’articolo 116, commi 8 e 9, della legge n. 388/2000.

2. Soggetti interessati

Sono destinatari delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 228/2021, nonché dell’articolo 9, comma 1, lettera a) e lettera b), del decreto-legge n. 198/2022, le pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, che di seguito si elencano:

1. le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative. Sono da comprendere nell’ambito degli istituti e scuole di ogni ordine e grado le Accademie e i Conservatori statali;

2. le aziende e le Amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo;

3. le Regioni, le Province, i Comuni, le Unioni dei Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni;

4. le istituzioni universitarie;

5. gli Istituti autonomi case popolari;

6. le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;

7. gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, tra i quali rientrano tutti gli enti indicati nella legge 20 marzo 1975, n. 70, gli ordini e i collegi professionali e le relative federazioni, i consigli e collegi nazionali, gli enti di ricerca e sperimentazione anche se non compresi nella legge n. 70/1975;

8. le Amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale;

9. l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (ARAN);

10. le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;

11. le aziende sanitarie locali, le aziende sanitarie ospedaliere e le diverse strutture sanitarie istituite dalle Regioni con legge regionale nell’ambito dei compiti di organizzazione del Servizio sanitario nazionale attribuiti alle medesime;

12. gli istituti pubblici di assistenza e beneficenza (IPAB), le aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) istituite dalle Regioni a seguito del processo avviato dalla legge 8 novembre 2000, n. 328, e dal decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, che ha condotto alla trasformazione delle ex IPAB in ASP o in persone giuridiche di diritto privato senza scopo di lucro;

13. la Banca d’Italia, la CONSOB e, in linea generale, le Autorità indipendenti, che sono qualificate Amministrazioni pubbliche in conformità al parere n. 260/1999 del Consiglio di Stato;

14. le Università non statali legalmente riconosciute qualificate enti pubblici non economici dalla giurisprudenza amministrativa e ordinaria (cfr. Cassazione, SS.UU., n. 1733 del 5 marzo 1996 e n. 5054 dell’11 marzo 2004, Consiglio di Stato n. 841 del 16 febbraio 2010).

I datori di lavoro che non sono qualificabili come Amministrazioni pubbliche ai sensi del decreto legislativo n. 165/2001 non sono destinatari delle disposizioni indicate in premessa.

Sono esclusi, pertanto, dalle predette norme, in quanto datori di lavoro privati:

a. gli enti pubblici economici;

b. gli Istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti pubblici economici;

c. gli enti che, per effetto dei processi di privatizzazione, si sono trasformati in società di persone o società di capitali ancorché a capitale interamente pubblico;

d. gli ex IPAB trasformati in associazioni o fondazioni di diritto privato;

e. le aziende speciali costituite anche in consorzio, ai sensi degli articoli 31 e 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

f. i consorzi di bonifica;

g. gli enti morali;

h. gli enti ecclesiastici.

3. Gestione dipendenti pubblici

3.1 Quadro normativo

Con la circolare n. 169 del 15 novembre 2017, avente a oggetto “Prescrizione dei contributi pensionistici dovuti alle Gestioni pubbliche. Chiarimenti”, è stato confermato che il termine di prescrizione quinquennale dei contributi di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria, come statuito dall’articolo 3, commi 9 e 10, della legge n. 335/1995, si applica anche alle contribuzioni di pertinenza delle Gestioni pensionistiche pubbliche[8] e sono state fornite le indicazioni per finanziare l’onere relativo ai periodi retributivi non assistiti dal corrispondente versamento di contribuzione prescritta.

È stato, inoltre, previsto dalla citata circolare un periodo transitorio, prorogato fino al 31 dicembre 2019 dalla circolare n. 117 dell’11 dicembre 2018, durante il quale i datori di lavoro, indipendentemente dalla natura giuridica pubblica o privata, con dipendenti iscritti alle Casse pensionistiche pubbliche, hanno avuto la possibilità di regolarizzare la contribuzione non versata avvalendosi delle modalità in uso per le Casse pensionistiche della Gestione dipendenti pubblici nel soppresso INPDAP.

Successivamente, l’articolo 19 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, ha aggiunto all’articolo 3 della legge n. 335/1995, il comma 10-bis, disponendo, per le sole Amministrazioni pubbliche, l’inapplicabilità fino al 31 dicembre 2021 dei termini di prescrizione delle contribuzioni relative ai periodi retributivi fino al 31 dicembre 2014 dovute alle Gestioni previdenziali esclusive amministrate dall’INPS[9].

L’articolo 11, comma 5, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, ha successivamente modificato il citato comma 10-bis dell’articolo 3 della legge n. 335/1995, prorogando al 31 dicembre 2022 l’inapplicabilità dei termini di prescrizione delle contribuzioni per le Gestioni previdenziali esclusive, tra le quali anche la contribuzione per i fondi per i trattamenti di previdenza amministrati dall’INPS[10], per i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2015.

Con la circolare n. 25 del 13 febbraio 2020 sono stati forniti ulteriori chiarimenti circa la valorizzazione dei periodi retributivi per i quali la contribuzione dovuta alle Casse pensionistiche della Gestione dipendenti pubblici risulti prescritta.

Inoltre, il decreto-legge n. 228/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15/2022, con il comma 3 dell’articolo 9, ha nuovamente modificato il citato comma 10-bis, includendo i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2017 nell’inapplicabilità fino al 31 dicembre 2022 dei termini di prescrizione delle contribuzioni dovute dalle pubbliche Amministrazioni alla Gestione dipendenti pubblici.

Infine, l’articolo 9, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 198/2022, ha esteso dal 31 dicembre 2017 fino al 31 dicembre 2018 i periodi retributivi per i quali opera il differimento al 31 dicembre 2023 dei termini di prescrizione dei crediti contributivi di cui al comma 10-bis dell’articolo 3 della legge n. 335/1995.

Pertanto, le pubbliche Amministrazioni di cui al paragrafo 2 della presente circolare potranno continuare a regolarizzare fino al 31 dicembre 2023, con le modalità in uso nella Gestione dipendenti pubblici, le posizioni assicurative, per i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2018.

In particolare, nel rinviare alle circolari pubblicate in materia[11], si ricorda che la valorizzazione della posizione assicurativa dei lavoratori può avvenire attraverso il flusso Uniemens – ListaPosPA e, fino al termine del corrente anno, tramite l’applicativo “nuova Passweb” limitatamente ai periodi fino al 30 settembre 2012 (fino al 31 dicembre 2013 per i soli iscritti alla CTPS per i quali il MEF è sostituto d’imposta).

Tali comunicazioni, laddove effettuate entro il termine del 31 dicembre 2023 e contenenti tutti gli elementi necessari per la quantificazione della contribuzione dovuta, determinano l’interruzione della prescrizione.

3.2 Effetti sull’attività delle pubbliche Amministrazioni

Da quanto sopra precisato discende che, per i datori di lavoro pubbliche Amministrazioni, dal 1° gennaio 2024, per i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2018 – per i quali non emergano atti interruttivi della prescrizione – si conferma quanto indicato sul punto dalla circolare n. 25/2020 ovvero che, per le Casse CPDEL, CPS, CPUG e CTPS, il datore di lavoro pubblico, sulla base dello speciale regime giuridico di cui all’articolo 31 della legge 24 maggio 1952, n. 610, è tenuto a finanziare l’onere del trattamento di quiescenza spettante per i periodi di servizio utili ai fini della prestazione, non assistiti dal corrispondente versamento di contribuzione; il predetto onere è quantificato secondo le regole e i criteri di calcolo vigenti in materia di rendita vitalizia di cui all’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338. Diversamente, per la cassa CPI, atteso che non si applica la disciplina di cui all’articolo 31 della legge n. 610/1952, per rendere utili i periodi retributivi per i quali la contribuzione risulti prescritta, potrà essere esercitata la facoltà di costituzione della rendita vitalizia ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 1338/1962, nei limiti e alle condizioni previste in materia.

Per le Gestioni INADEL ed ENPAS, ove al 1° gennaio 2024 le pubbliche Amministrazioni non abbiano provveduto a ottemperare ai propri obblighi contributivi afferenti ai periodi fino al 31 dicembre 2018, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in ragione della salvaguardia prevista dal comma 10-bis dell’articolo 3 della legge n. 335/1995, in ordine al diritto del lavoratore all’integrale trattamento pensionistico, ha chiarito che la stessa riguarda anche l’integrale liquidazione del TFR/TFS.

Pertanto, nel caso in cui sia stato valorizzato il conto assicurativo degli iscritti attraverso l’invio dei flussi di denuncia comprensivi dei dati utili ai fini previdenziali, anche in assenza del relativo versamento contributivo, sarà possibile erogare le relative prestazioni.

Nelle ipotesi, invece, in cui le denunce non siano state – in tutto o in parte – trasmesse e non sia stata versata la contribuzione previdenziale, al fine di poter procedere all’erogazione della prestazione, occorrerà acquisire dal datore di lavoro – in analogia alle condizioni previste dal legislatore per la costituzione della rendita vitalizia – “documenti di data certa, dai quali possano evincersi la effettiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro, nonché la misura della retribuzione corrisposta al lavoratore interessato” (articolo 13, comma quarto, della legge n. 1338/1962) utile ai fini previdenziali[12]. Resta fermo che l’effettiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro sono dimostrate dalla presenza di denunce nelle quali non sia stato valorizzato l’elemento relativo all’imponibile previdenziale. Ai fini dell’erogazione della prestazione, sarà necessario acquisire dal datore di lavoro documentazione idonea alla determinazione del medesimo imponibile previdenziale. Per tutte le fattispecie descritte, ai fini della valorizzazione del conto, sarà necessario l’invio del flusso di denuncia da parte del datore di lavoro.

4. Gestione separata di cui all’articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge n. 335/1995

4.1 Quadro normativo

Come anticipato in premessa, l’articolo 9, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 228/2021, come modificato in sede di conversione, ha aggiunto il comma 10-ter all’articolo 3 della legge n. 335/1995, con il quale è stato disposto che: “Le pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in deroga ai commi 9 e 10, sono tenute a dichiarare e ad adempiere, fino al 31 dicembre 2022, agli obblighi relativi alla contribuzione di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovuti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, e seguenti della legge 8 agosto 1995, n. 335, in merito ai compensi erogati per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e figure assimilate”.

Ai sensi della lettera b) del comma 1 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 198/2022, tale termine è stato differito al 31 dicembre 2023.

Pertanto, in considerazione dell’inapplicabilità fino al 31 dicembre 2023 delle disposizioni di cui ai commi 9 e 10 dell’articolo 3 della legge n. 335/1995, le pubbliche Amministrazioni di cui al decreto legislativo n. 165/2001, come individuate nel precedente paragrafo 2, sono tenute a inviare le eventuali denunce dei compensi corrisposti non ancora trasmesse e a effettuare il pagamento della contribuzione dovuta e non versata alla Gestione separata, indipendentemente dal periodo di competenza.

In particolare, si fa riferimento alle denunce e ai versamenti relativi ai compensi effettivamente erogati ai soggetti con i quali sono stati instaurati rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ai titolari di rapporti occasionali autonomi o ai titolari di dottorati e borse di studio, o alle indennità corrisposte per la partecipazione a collegi e commissioni.

Le denunce individuali dei compensi corrisposti, laddove trasmesse entro il termine del 31 dicembre 2023, e le comunicazioni di debito inviate dall’Istituto, determinano l’interruzione della prescrizione.

A decorrere dal 1° gennaio 2024, in assenza di denunce individuali dei compensi erogati o di altri validi atti interruttivi intervenuti entro il 31 dicembre 2023, non si potrà procedere con la regolarizzazione di contribuzione afferente a periodi prescritti.

Inoltre, dal 1° gennaio 2024, per i periodi per i quali siano stati erogati e denunciati compensi per le attività di collaborazione coordinata e continuativa e redditi similari senza versamento della relativa contribuzione nella Gestione separata da parte delle pubbliche Amministrazioni di cui al decreto legislativo n. 165/2001, in assenza di atti interruttivi della prescrizione, sarà possibile esercitare la facoltà di costituzione della rendita vitalizia ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 1338/1962.

A tale riguardo si precisa che la facoltà di costituzione di rendita vitalizia è estensibile a tutti coloro che, essendo soggetti al regime di assicurazione obbligatoria nella Gestione separata di cui alla legge n. 335/1995, non siano però obbligati al versamento diretto della contribuzione, essendo la propria quota trattenuta dal committente e versata direttamente da quest’ultimo (cfr. la circolare n. 101/2010); per tale via l’istituto in esame può, quindi, essere attivato anche con riferimento ai rapporti giuridici non configurabili propriamente come “rapporti di lavoro” (ad esempio, servizio civile per il periodo dal 1° gennaio 2006 al 31 dicembre 2008, dottorato, borse di studio, ecc.).

La facoltà di costituzione di rendita vitalizia è esercitata nei limiti e alle condizioni previsti in materia; per i profili istruttori e probatori si rinvia alla circolare n. 78/2019.

4.2 Le tipologie dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e figure assimilate

Sono soggetti alla contribuzione dovuta alla Gestione separata i compensi, comunque denominati, erogati a seguito di rapporti instaurati e determinati secondo le regole stabilite dall’articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), così come disciplinato dall’articolo 1, comma 1, del decreto interministeriale 2 maggio 1996, n. 281. Nel corso degli anni a tali rapporti sono state aggiunte altre tipologie di lavoratori, quali, ad esempio, assegnisti e dottorandi di ricerca, lavoratori autonomi occasionali, ecc.

Al fine di una corretta individuazione dei rapporti rientranti nella previsione normativa che, come in precedenza specificato, trova applicazione nei confronti dei committenti che rientrano nell’alveo delle pubbliche Amministrazioni di cui al decreto legislativo n. 165/2001, si riportano di seguito le figure interessate:

  • amministratore, sindaco, revisore, liquidatore di enti con o senza personalità giuridica;
  • collaboratore di giornali, riviste, enciclopedie e simili;
  • partecipante a collegi e commissioni;
  • amministratore di enti locali (D.M. 25 maggio 2001);
  • dottorandi di ricerca, assegnista, borsista di studio;
  • collaboratore coordinato e continuativo (ex titolari di contratto a progetto/programma di lavoro o fase di esso, ex collaboratore occasionale ai sensi dell’articolo 61, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276), collaboratore presso pubbliche Amministrazioni;
  • titolare di rapporti di lavoro autonomi occasionali (articolo 44 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326);
  • titolari di contratto di formazione specialistica;
  • volontari del servizio civile (periodo dal 1° gennaio 2006 al 31 dicembre 2008).

4.3 Gli obblighi previsti per le pubbliche Amministrazioni in Gestione separata

Le pubbliche Amministrazioni, a seguito di controllo diretto o su richiesta o denuncia del singolo prestatore, sono tenute a normalizzare la posizione contributiva per consentire l’aggiornamento dell’estratto conto dei periodi per i quali è dovuta la contribuzione.

A tale fine, per effetto dell’entrata in vigore delle disposizioni introdotte con il comma 3 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 198/2022, le pubbliche Amministrazioni sono tenute a effettuare entro il 31 dicembre 2023 i seguenti adempimenti:

A) trasmissione tramite i flussi Uniemens delle denunce relative ai compensi effettivamente erogati con riferimento a ciascun periodo (mese/anno) e soggetti all’obbligo di versamento presso la Gestione separata;

B) versamento dei relativi contributi.

4.4 Denuncia tramite i flussi Uniemens dei compensi erogati

Le pubbliche Amministrazioni sono obbligate all’invio dei flussi Uniemens relativi ai prestatori ai quali sono stati erogati i compensi in uno specifico periodo mensile. Il periodo deve coincidere con il mese indicato quale “competente” nel mandato di tesoreria, IGRUE o nel modello F24 (sul modello F24 è indicato “periodo di riferimento” “da mese/anno a mese/anno”) a prescindere del periodo in cui si è svolta l’attività.

La denuncia deve essere inviata tramite il flusso Uniemens.

I dati possono essere inviati anche tramite l’apposita funzione “Comunicazione bidirezionale” del Cassetto previdenziale del contribuente.

Si ricorda che gli adempimenti previsti in materia previdenziale per la Gestione separata sono strettamente collegati agli adempimenti fiscali. Tenuto conto che per gli iscritti alla Gestione separata non operano le disposizioni di cui all’articolo 2116 del c.c. (c.d. automaticità delle prestazioni), l’attribuzione da parte dell’Istituto della contribuzione versata mensilmente avviene in proporzione sulle posizioni contributive di tutti i lavoratori interessati al flusso Uniemens.

Al fine del controllo delle posizioni da dichiarazione, le pubbliche Amministrazioni possono utilizzare i dati denunciati tramite i modelli fiscali presentati (ad esempio, modello 770 o Certificazione Unica).

4.5 Pagamento della contribuzione

È a carico della pubblica Amministrazione l’adempimento del pagamento del contributo dovuto alla Gestione separata (anche se ripartito tra il committente per la quota parte di 2/3 e il prestatore per la parte di 1/3).

I versamenti, a seconda delle modalità di cui si avvalgono le singole pubbliche Amministrazioni, possono avvenire tramite:

–    modello F24;

–    mandato di tesoreria;

–    IGRUE – Ispettorato Generale per i Rapporti finanziari con l’Unione Europea.

In tutte le citate forme di versamento la contribuzione è versata presso la Struttura territoriale di competenza della sede legale.

I soggetti che effettuano il versamento mediante il modello F24 devono compilare gli appositi campi della sezione INPS. Si ricorda che per i committenti non è possibile effettuare alcuna compensazione con eventuali importi di contribuzione già versati in misura eccedente mediante il modello F24; nel caso di presenza di somme a disposizione è possibile utilizzarle in “auto conguaglio” o a rimborso.

Nel caso in cui il versamento venga effettuato mediante mandato di tesoreria o tramite IGRUE devono essere sempre indicati i seguenti dati:

–    codice fiscale del committente;

–    periodo dell’erogazione del compenso (espresso in mese/anno);

–    causale del contributo (CXX per i soggetti privi di altra forma di previdenza obbligatoria; C10 per i soggetti pensionati diretti o coperti da altra forma di contribuzione obbligatoria).

5. Regime sanzionatorio

L’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 228/2021, ha statuito che: “Le disposizioni di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo 116 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, non si applicano fino al 31 dicembre 2022 agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria di cui al comma 10-bis dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, come modificato dal comma 3 del presente articolo, e al comma 10-ter del medesimo articolo 3 della legge 1995, n. 335, introdotto dal comma 3 del presente articolo. Non si fa luogo a rimborso di quanto già versato”.

La norma ha, pertanto, disposto l’inapplicabilità delle sanzioni civili di cui all’articolo 116, commi 8 e 9, della legge n. 388/2000, alle pubbliche Amministrazioni che avessero provveduto, entro il 31 dicembre 2022, all’adempimento degli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovute alla Gestione dipendenti pubblici, afferenti ai periodi di competenza fino al 31 dicembre 2017, come descritto al paragrafo 3 della presente circolare.

La norma ha escluso l’applicazione del regime sanzionatorio anche per le pubbliche Amministrazioni che, entro il 31 dicembre 2022, avessero dichiarato e adempiuto agli obblighi relativi alla contribuzione di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria nei confronti della Gestione separata di cui all’articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge n. 335/1995, in relazione ai compensi erogati per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e figure assimilate.

In entrambi i casi, sono stati fatti salvi gli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.

Per garantire la certezza delle contabilizzazioni intervenute alla data di pubblicazione della norma, è stato previsto che i pagamenti già effettuati a titolo di sanzioni civili non avrebbero dato luogo a rimborso a favore dell’Amministrazione pubblica versante.

Ai fini del rispetto del termine del 31 dicembre 2022 per l’effettuazione dei versamenti dovuti, si considera utile anche la regolarizzazione dell’esposizione debitoria effettuata dalla pubblica Amministrazione in modalità rateale secondo le disposizioni di cui al Regolamento di disciplina delle rateazioni dei debiti contributivi in fase amministrativa (fino a 24 rate)[13], purché la domanda sia stata presentata entro il predetto termine e quand’anche le rate accordate scadano oltre il 31 dicembre 2022, e, per i crediti affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ai sensi dell’articolo 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (fino a 72-120 rate), sempre a condizione che la domanda sia stata presentata entro il 31 dicembre 2022 e quand’anche le rate accordate scadano oltre il predetto termine.

In ogni caso sono dovuti sulle rate accordate gli interessi di dilazione ai sensi della normativa di riferimento[14].

L’articolo 21, comma 2, del decreto-legge n. 44/2023, è intervenuto sulla disposizione in esame, prorogando fino al 31 dicembre 2023 (dal 31 dicembre 2022) il regime di inapplicabilità delle sanzioni civili di cui all’articolo 116, commi 8 e 9, della legge n. 388/2000.

Pertanto, le Amministrazioni pubbliche che provvederanno, entro il 31 dicembre 2023, all’adempimento, anche in modalità rateale, degli obblighi di cui ai commi 10-bis e 10-ter dell’ articolo 3 della legge n. 335/1995 non saranno tenute a corrispondere le sanzioni civili di cui ai commi 8 e 9 dell’ articolo 116 della legge 388/2000.

In caso di adempimenti parziali dei predetti obblighi effettuati entro il 31 dicembre 2023 le sanzioni civili saranno dovute sulla parte residua del debito alla medesima data. Per fruire del beneficio dell’inapplicabilità del regime sanzionatorio rispetto al debito residuo, quest’ultimo potrà essere oggetto di regolarizzazione in modalità rateale.

In ogni caso di adempimento in modalità rateale, la domanda dovrà essere presentata all’Istituto o all’Agente della riscossione entro il 31 dicembre 2023 e il beneficio dell’inapplicabilità del regime sanzionatorio spetterà quand’anche le rate accordate scadano oltre la predetta data.

Qualora la domanda di rateazione, pur presentata entro il 31 dicembre 2023, non sia definita con l’accoglimento (ad esempio, perché rigettata per mancanza dei requisiti di legge per beneficiare di tale istituto oppure per carenza della documentazione a corredo, ove prevista), il beneficio dell’inapplicabilità del regime sanzionatorio non potrà trovare applicazione anche se, successivamente, una nuova istanza dovesse essere accolta.

Al fine di garantire la certezza delle contabilizzazioni intervenute fino alla data di entrata in vigore della norma, la stessa fa salvi, in ogni caso, gli effetti delle procedure attivate ai sensi dell’articolo 116, commi 8 e 9, della legge n. 388/2000, dal 1° gennaio 2023 al 23 aprile 2023 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 44/2023). Ne consegue che i pagamenti effettuati a titolo di sanzioni civili nel predetto arco temporale non potranno essere rimborsati.

Qualora entro il 23 aprile 2023 risulti già concessa una rateazione da parte dell’INPS o dell’Agente della riscossione, la pubblica Amministrazione dovrà richiedere la rimodulazione del piano di ammortamento.

Per entrambe le fattispecie di rateazione, in fase amministrativa e presso l’Agente della riscossione, le sanzioni civili, in applicazione delle previsioni in commento, non sono dovute a condizione che la rateazione venga regolarmente adempiuta. In caso di ritardato versamento di una o più rate accordate, resteranno dovute le sanzioni dalla data delle rispettive scadenze fissate nel piano di ammortamento fino alla data del pagamento.

In caso di revoca della rateazione dei debiti in fase amministrativa ovvero di revoca della maggiore rateazione concessa dall’Agente della riscossione, sulla parte residua della contribuzione torneranno a essere dovute le sanzioni civili di cui all’articolo 116, commi 8 e 9, della legge n. 388/2000, dalla data di originaria scadenza legale.

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