Una seconda chance offerta al consumatore sovraindebitato grazie alla legge “salvasuicidi” che è riuscito a salvare la casa ormai all’asta.

L’omologa del piano di ristrutturazione dei debiti

Omologato, presso il Tribunale di Trani, un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore proposto, con falcidia del debito chirografario.

La sentenza porta la firma del Giudice delegato, dott.ssa Stano Giulia, che fa chiarezza su tutte le osservazioni sollevate dal creditore chirografario sulla ammissibilità del piano di ristrutturazione del debito proposto.

Nella vicenda, un ex socio di una srl in liquidazione, aveva la sua abitazione, acquistata solo a settembre del 2020, in asta.

La procedura esecutiva, avviata nel 2022, era stata intrapresa proprio da quella società di cui il ricorrente faceva parte.

Il sig. Giuseppe, nome di fantasia, faceva parte della compagine societaria di una SRL sin dal 2006.

Per questa società il Sig. Giuseppe non aveva mai sottoscritto fideiussioni, e non aveva mai contratto debiti nella qualità di socio della sua vecchia società. Egli era semplicemente un socio lavoratore, nella fattispecie un rivenditore dei prodotti alimentari proposti dalla sua società.

Tuttavia la qualifica di socio lavoratore gli veniva riconosciuta solo nel 2012, e nel 2013 il sig. Giuseppe veniva licenziato dalla società.

In seguito al licenziamento, il sig. Giuseppe avviava una causa, presso il Tribunale di Trani, sez. Lavoro, al fine di vedersi riconosciuto il ruolo di socio lavoratore, sin dal suo ingresso nella società, e non solo per l’ultimo anno, atteso che egli si era sempre ritenuto, errando, un dipendente della società, e giammai un socio.

La causa avviata innanzi al Tribunale di Trani, sez. Lavoro, lo vedeva soccombere sia in primo grado che in appello e, dalla soccombenza, derivavano due sentenze di condanna alle spese processuali di parte resistente, ovvero in favore della società di cui lui stesso aveva fatto parte.

Sulla base di dette sentenze, la società vittoriosa, oggi società in liquidazione, aveva proceduto con l’esecuzione sull’immobile del sig. Giuseppe appena acquistato.

È utile precisare che lo stesso, per acquistare l’immobile in comproprietà con la sua compagna, aveva sottoscritto un mutuo fondiario, che stava regolarmente pagando, seppur la casa fosse ormai all’asta.

Senza speranza alcuna di riuscire a salvare l’immobile, gli veniva consigliato di avviare la procedura di sovraindebitamento, nota a tutti come legge “salvasuicidi”, e per questo si rivolgeva alla scrivente, la quale, dalla disamina dei documenti offerti riteneva, prima facie, percorribile la strada del piano di ristrutturazione dei debiti, seppur egli, tra i debiti scaduti ed impagati, presentava anche dei debiti con lo Stato, che, però, stava regolarmente pagando attraverso l’istituto del “saldo e stralcio” a cui aveva aderito nel 2018.

Piano di ristrutturazione dei debiti: il provvedimento del giudice

Il piano di ristrutturazione dei debiti formulato in favore del sig. Giuseppe, veniva depositato presso il Tribunale di Trani, prevedendo la soddisfazione del 100% del mutuo ipotecario, che era in regolare ammortamento, nonostante l’immobile fosse già in asta, il 100% del debito di Agenzia Entrate e Riscossione, che, grazie al saldo e stralcio si era già ridotto al 15% del valore della quota capitale, ed il pagamento dei creditori chirografari nella misura pari al 10% del debito certificato.

Il creditore chirografario, che aveva avviato l’esecuzione immobiliare contro il Sig. Giuseppe, si opponeva all’omologa del piano ritenendo che, il sig. Giuseppe, non potesse accedere al piano di ristrutturazione non essendo egli un consumatore, avendo debiti misti, ed in particolare debiti con lo Stato per l’attività già cessata nel 2008, ma altresì ritenendo che le sentenze di condanna contro la società in liquidazione, non avessero natura consumeristica, bensì imprenditoriale e, pertanto, al sig. Giuseppe doveva essere inibito, secondo la società, l’accesso alla procedura nella veste di consumatore.

Il Giudice designato nella procedura, dott.ssa Stano Giulia, nella sentenza (sotto allegata), fa chiarezza su tutte le osservazioni sollevate dalla società in liquidazione, e precisa che: “trattandosi di soggetto non fallibile che ha assunto obbligazioni che vengono in rilievo, per la massima parte, per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale (cfr., su tale concetto, Cass. civ. Sez. I, 01-02-2016, n. 1869), la proposta formulata da ******* è ammissibile dal punto di vista soggettivo. Il ricorrente può essere definito consumatore ai sensi dell’art. 2 lettera e) del d.lgs. 14/2019, trattandosi di persona fisica che agisce per scopi estranei alla attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale svolta. E difatti, quanto alla nozione di consumatore, la Suprema Corte, già prima dell’entrata in vigore del codice della crisi di impresa, con pronuncia n. 1869/2016 aveva posto l’attenzione sulla omogeneità del comparto debitorio, facendo rientrare nella relativa nozione ‘il consumatore sovraindebitato che non sia o non sia mai stato nè imprenditore nè professionista’ ovvero ‘chi lo sia stato e però non lo sia tuttora ovvero chi lo sia tuttora ma non annoveri più tra i debiti attuali quelli un tempo contratti in funzione di sostentamento ad una di quelle attività’ (cf. Cass. civ. Sez. I, 1869/2016, cit.). Secondo la lettura estensiva offerta dalla Suprema Corte, dunque, il debitore poteva aver contratto obbligazioni d’impresa o professionali, ma l’accesso al piano del consumatore risultava ammissibile allorquando al momento della presentazione del piano fossero presenti i soli debiti al consumo, non già (o comunque non largamente) anche debiti d’impresa. L’art. 6 c. 2, lett. b), l. 3/2012, successivamente riformato per effetto della entrata in vigore del D.L. 137/2020, convertito in L.18/12/2020 n.176, ha ampliato la nozione di consumatore, prevedendo che sia qualificabile “consumatore: la persona fisica che agisce per scopi estranei alla attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per debiti estranei a quelli sociali”. Scomparso l’avverbio “esclusivamente”, è consumatore la persona fisica che contrae obbligazioni per scopi estranei alla attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta. Parimenti, nel codice della crisi di impresa (d.lgs. 14/2019) la nozione di consumatore è contenuta all’art. 2, lettera e), che indica come consumatore “la persona fisica che agisce per scopi estranei alla attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati dai capi III, IV, VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per debiti estranei a quelli sociali”. In merito alla qualifica di consumatore, poi, la giurisprudenza ha evidenziato che, secondo la previsione della legge, per consumatore legittimato a proporre un piano di composizione della crisi da sovraindebitamento si intende anche il soggetto che sia socio di una società personale, nell’ipotesi di debiti estranei a quelli sociali, che “può usufruire della procedura in questione atteso che ha cessato da oltre un anno di svolgere attività imprenditoriale e che si trova da tempo in attesa di occupazione sicché non ricorre la condizione ostativa di cui all’art. 7 co. 2 lett. a) della legge n. 3/2012” (così Trib. Mantova 08.04.2021). Più di recente, inoltre, è stato ritenuto ammissibile il piano del consumatore proposto dal debitore che abbia maturato debiti di natura mista, “dovendosi avere riguardo alla qualità dei debiti da ristrutturare, che connotano la proposta in sé considerati e nella loro composizione finale. Ne consegue che la qualifica di consumatore non è inficiata allorché i debiti siano (anche) parzialmente riconducibili all’attività imprenditoriale, dovendosi tener conto della composizione complessiva del debito” (Trib. Grosseto, 22.6.2021). Rilevato che, nella fattispecie, l’indebitamento oggetto di composizione è in minima parte imputabile all’attività imprenditoriale svolta dal ricorrente nel passato, nello specifico con riferimento a una parte della debitoria nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che rappresenta il 13% della debitoria totale; rilevato altresì che, attualmente, il ricorrente non svolge più alcuna attività imprenditoriale; P.Q.M. omologa il piano di ristrutturazione dei debiti proposto, ai sensi dell’art. 67 e ss. d.lgs. 14/2019″.

Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/45882-sovraindebitamento-il-giudice-salva-la-casa-del-debitore.asp
(www.StudioCataldi.it)