L’art. 27 del Codice di deontologia forense prevede l’obbligo dell’avvocato di informare il cliente anche in ordine ai percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, alle iniziative assunte e alle ipotesi di soluzione.

Sospeso l’avvocato che viola anche il dovere di informazione

Il CNF con la sentenza n. 95/2022 (sotto allegata) conferma la sanzione irrogata dal CDD all’avvocato, che ha intrapreso arbitrariamente l’azione di merito per responsabilità medica dopo l’ATP anche se la cliente dichiara di aver comunicato la volontà di volersi prendere una “pausa di riflessione “per decidere se proseguire o meno con l’azione giudiziaria. Travalicati in questo modo i limiti del mandato e violato il dovere di informazione che grava sull’avvocato ai sensi dell’art. 27 del Codice di Deontologia Forense. Corretta la sanzione della sospensione dall’attività per un anno.

Nessun incarico per il merito dopo l’ATP

Una signora presenta un esposto al Coa di Messina e racconta di essersi rivolta a un avvocato per farsi difendere in una causa di malasanità. L’avvocato, a suo dire, ha intrapreso inizialmente una procedura di mediazione e poi una causa civile, anche se la stessa ha conferito mandato al professionista solo in ordine a un accertamento tecnico preventivo.

Al termine dall’istruttoria il Consiglio Distrettuale di Disciplina contesta al legale la violazione degli articoli 9, 10 e 50 del Codice deontologico per aver intrapreso azioni per le quali la cliente non aveva conferito mandato, falsificando a tal fine addirittura la firma della signora e travalicando quanto stabilito nel mandato difensivo.

Il difensore veniva quindi condannato alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di un anno.

Attività legittima se la procura è generale

L’avvocato nel ricorrere al CNF chiede la riforma della decisione per mancata e completa valutazione delle prove prodotte e per assente volontarietà dell’azione.

Il legale sostiene di aver agito con correttezza perché la procura conferita era generale e non limitata all’accertamento tecnico preventivo. Da qui la legittimazione ad avviare anche la successiva fase di merito. Eccepisce poi il difetto di volontarietà dell’azione, perché non ha introdotto in giudizio, in modo consapevole o inconsapevole, atti falsi, stante il conferimento, come già ribadito, della procura generale.

Provata l’iniziativa arbitraria e la mancata informazione

Il CNF respinge impugnazione dell’avvocato perché infondata.

Provato infatti il rilascio della procura alle liti limitatamente al procedimento di accertamento tecnico preventivo visto che la cliente, dopo il deposito della relazione medica, ha comunicato al difensore di volersi prendere una “pausa di riflessione” per decidere se proseguire o meno l’azione.

Conclusioni che trovano conferma anche nella mancata produzione, da parte dell’avvocato, delle procure relative ai giudizi successivi all’ATP e nella mancata escussione dei testi che l’avvocato sostiene abbiano assistito alla raccolta delle firme delle procure per gli incarichi di merito addotti.

Devono quindi ritenersi integrate le condotte contestate perché dal giudizio è emerso che lo stesso ha utilizzato l’unica procura rilasciata per le attività successive all’ATP.

Condotta che ha violato anche gli obblighi derivanti dal dovere di informazione di cui all’art. 27 CDF e dal dovere di adempiere correttamente il mandato (art. 26).

Sul dovere di informazione in particolare il CNf ricorda che: “La recente giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense ha rammentato che l’obbligo di diligenza da osservare nell’adempimento dell’incarico impone all’avvocato di assolvere, sia all’atto del conferimento dell’incarico che nel corso del suo svolgimento, ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, rappresentando tutte le questioni di fatto e di diritto ostative al raggiungimento del risultato (CNF 34/2021), l’onere della prova della condotta incombe sul professionista, in quanto deve ritenersi insufficiente il rilascio da parte del cliente di procure necessarie all’esercizio dello ius postulandi.”

Congrua e ben motivata la decisione che ha condotto alla sanzione inflitta, commisurata alla gravità dei fatti, alle plurime contestazioni, al grado della colpa e al pregiudizio recato all’immagine della processione forense.

Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/44974-l-avvocato-deve-informare-costantemente-il-cliente-sullo-stato-della-pratica.asp
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